PERCHE’ FRAINTENDIAMO IL COMPORTAMENTO DEI BAMBINI AUTISTICI E COME, INVECE, POSSIAMO INTERPRETARLO IN MANIERA CORRETTA
Traduzione e adattamento a cura di Erika Certosino, per gentile concessione dell’autrice Mona Delahooke, Ph.D., che ringraziamo per l’autorizzazione.
Articolo originale consultabile al link sottostante:
Why We Misunderstand Behaviors in Autistic Children— And How We Can Get It Right
Una scuola dell’Indiana è recentemente balzata all’onore della cronaca, dopo che uno dei suoi insegnanti di sostegno, durante una cerimonia scolastica, ha assegnato ad un bambino autistico che frequentava la quinta elementare, un riconoscimento come “alunno più fastidioso della scuola”. Sono varie le ragioni che rendono l’accaduto davvero spiacevole, ma forse la cosa più preoccupante è che questo episodio dimostra come persino le persone che lavorano a stretto contatto con questi bambini, fraintendano completamente comportamenti che sono comuni nei soggetti autistici.
Questa storia serve a sottolineare quanto sia importante educare le persone alla conoscenza dell’autismo, al fine di risparmiare ad altri bambini e alle loro famiglie, inutili sofferenze come quelle che questo ragazzo e la sua famiglia sono stati costretti a sopportare.
Perché l’insegnante in questione ha interpretato erroneamente il comportamento di questo suo alunno? Il fraintendimento origina in parte dalla grande differenza esistente tra le varie definizioni di autismo. Come descritto nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), l’autismo è un disturbo caratterizzato da deficit nell’interazione sociale, comportamenti ripetitivi e differenze sensoriali (nella processazione di stimoli sensoriali). Ma per altre persone, inclusi molti individui autistici, non è un disturbo, ma piuttosto un differente modo di essere, una naturale espressione della variabilità umana. Molte scuole e molti programmi riabilitativi favoriscono la prima definizione, focalizzando il loro intervento nel cercare di modificare comportamenti considerati inopportuni, per sostituirli con altri ritenuti socialmente più consoni.
Classificare i comportamenti come appropriati o inappropriati, impedisce di cogliere la “big picture”: ovvero, i comportamenti dell’essere umano rappresentano adattamenti ai processi che regolano la connessione corpo-mente. Nel mio nuovo libro descrivo come possiamo cominciare ad apprezzare il vero significato di un comportamento. E’ necessario capire che per le persone autistiche alcuni comportamenti rappresentano una strategia per adattarsi al modo in cui il loro corpo e il loro cervello sono connessi. Invece di cercare di modificare questi comportamenti, dovremmo rispettarli per ciò che sono, ovvero il modo attraverso il quale la persona comunica o interagisce con l’ambiente che lo circonda. (Nel caso in cui ci troviamo di fronte a comportamenti autolesionisti, è importante indirizzare la nostra attenzione verso la causa del disagio, che spesso trae origine da dolore fisico o emotivo, condizioni mediche sottostanti, ecc…).
Troppo spesso i professionisti guardano alle differenze comportamentali del bambino come ad elementi di una check-list per la diagnosi di autismo, invece di comprendere che, in realtà, costituiscono un modo attraverso il quale il suo cervello processa le informazioni sensoriali percepite dal suo corpo. Tutti i comportamenti implicano movimento e sensazioni, per cui Anne Donnellan, una ricercatrice che si occupa di autismo, usa il termine “differenze sensoriali e motorie” per descrivere le discrepanze nel comportamento tra persone autistiche e persone neurotipiche.
Molti bambini si muovono in modi che possono sembrare inappropriati per il contesto in cui si trovano e, naturalmente, gli insegnanti hanno bisogno di gestire il comportamento dei propri alunni nelle classi. Ma ciò che spesso viene a mancare è, invece, un apprezzamento per “gli innumerevoli aggiustamenti e adattamenti che le persone neurodiverse compiono per riuscire a districarsi nelle diverse situazioni che si trovano a fronteggiare”.
Sarebbe importante fermarsi a pensare a quelle che sono le nostre reazioni dinanzi alle differenze comportamentali che osserviamo nei bambini neurodiversi. Farlo, ci aiuterebbe ad insegnare a questi bambini a tenere in considerazione i segnali provenienti dal loro corpo e a cercare strategie che rispettino le proprie differenze individuali. Questo approccio nei confronti dell’autismo si contrappone ad altri che implicano, invece, il rinforzare comportamenti considerati positivi e indebolirne altri considerati, invece, negativi.
La mia speranza è che sempre più insegnanti riescano ad apprezzare i loro studenti autistici, a comprendere le ragioni del loro comportamento, a rendersi conto di quanto sia gratificante insegnare a questi bambini e di quanto essi meritino riconoscimenti per le loro capacità e il loro impegno.
Delahooke, Mona. Beyond Behaviors: Using Brain Science and Compassion to Understand and Solve Children’s Behavioral Challenges.PESI Publishing and Media, 2019.
Donnellan, Anne M., David A. Hill, and Martha R. Leary. “Rethinking Autism: Implications of Sensory and Movement Differences for Understanding and Support.” Frontiers in Integrative Neuroscience, no. 6(2013): 124.