9 Novembre 2017

IL RUOLO DEL RECETTORE OCULARE NELL’AREA COGNITIVA E NELLE ATTIVITÀ MOTORIE

La percezione è un processo attivo e dinamico attraverso il quale gli input sensoriali provenienti dal mondo circostante vengono analizzati, interpretati ed organizzati in un sistema di conoscenza più generale.

Tali informazioni vengono acquisite da diversi canali sensoriali tra i quali il canale visivo che, nelle funzioni visuo-percettive, costituisce il mezzo di raccolta delle informazioni. La capacità visuo-percettiva può essere definita come il processo cognitivo che prevede l’integrazione tra l’input sensoriale visivo e l’esperienza dell’individuo. Inizia con la formazione dell’immagine retinica a cui segue un’analisi delle informazioni percettive salienti (forma, colore, localizzazione spaziale etc.), fino ad arrivare ai processi cognitivi di ordine superiore che attribuiscono un significato all’immagine percepita. Lo sviluppo visuo-percettivo costituisce uno dei primi strumenti di interazione con il mondo esterno e riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo cognitivo, neuromotorio ed affettivo del bambino.

 

La coordinazione oculo-manuale è quell’abilità che permette un lavoro simultaneo e coordinato fra i movimenti degli occhi e quelli dell’arto superiore ed è indispensabile per la realizzazione di un grafismo fluido e controllato. Si sviluppa molto precocemente cosicché già nel neonato è riscontrabile un’attenzione convergente dell’occhio e della mano verso l’oggetto, che è il fondamento di tale coordinazione. Una delle tappe più significative del suo sviluppo è l’abilità di modificare l’attività in seguito ad un’informazione visiva, che inizia intorno ai cinque mesi e mezzo e si accentua verso i sette mesi.

 

La lateralizzazione è il processo attraverso il quale si sviluppa la predominanza funzionale di un lato rispetto all’altro e riguarda il funzionamento delle mani, delle gambe, degli occhi e delle orecchie.

Non è una funzione a sé stante, ma si sviluppa in correlazione stretta con altri fattori psicomotori; è un processo innato che dovrebbe stabilizzarsi intorno ai sei/sette anni d’età. La dominanza laterale può non essere omogenea: si può essere destri in un segmento del corpo e sinistri in un altro; questo fenomeno è detto “lateralità crociata”.

 

La lateralizzazione visiva è un’asimmetria delle strutture e delle funzioni visive, derivata dallo sviluppo della lateralizzazione nei due emisferi cerebrali, che comporta una specializzazione differente nell’uso dei due occhi, dei campi visivi e dell’analisi visiva cerebrale.

Nell’uomo si manifesta sotto varie preferenze: nella direzione di sguardo, nella relazione tra campo visivo e mano, tra i campi visivi e sotto forma di occhio dominante.

In generale, nell’uomo, l’emisfero destro è deputato al riconoscimento dei volti e alle emozioni intense. L’emisfero sinistro, invece, si dedica all’elaborazione degli scopi di utilizzo e all’ordinazione degli oggetti in base alla funzione.

Tra i fattori che influenzano lo sviluppo della lateralizzazione visiva, il primo e più importante è sicuramente l’esposizione alla luce dell’embrione. Le vie ottiche sono stimolate, in particolare, intorno alle 30-32 settimane di gestazione, a volte anche a 26 settimane (Fulford et al., 2003; Kiuchi et al., 2000).

Dal momento che il feto assume una posizione lateralizzata nell’utero (circa 2/3 sono nella posizione occipito sinistra; Matsuo et al., 2007), in questi stadi di sviluppo è possibile che la stimolazione luminosa sia asimmetrica e che, quindi, porti ad altrettante asimmetrie nella struttura delle vie visive e della funzione. Integrando fra loro i risultati di Nava et al. (2013) e Ocklenburg et al. (2010), si può affermare anche che l’esperienza visiva, almeno dopo la nascita, abbia un effetto sulla lateralità di rotazione della testa.

La lateralizzazione, inoltre, varia con l’età, in particolare man mano che ci si avvicina all’età adulta (Giedd et al., 1996; Toga & Thompson, 2003). Infatti, la completa mielinizzazione del corpo calloso si verifica intorno ai 10 anni e a volte anche fino a metà adolescenza, quando si raggiunge una comunicazione emisferica matura (Gbedd et al., 1999; Luders et al., 2010; Sarnat, 2008).

Per esempio, la stabilizzazione dell’emicampo sinistro (emisfero destro) con la relativa capacità di riconoscimento dei volti avviene intorno ai 10 anni (Chiang et al., 2000; Reynolds & Jeeves,1978).

Tuttavia, alcuni cambiamenti non dipendono solo da questa maturazione, ma anche da spostamenti di controllo comportamentali da un emisfero all’altro.

Esistono comunque, nell’uomo, più forme di lateralizzazione visiva.

La prima è data da “preferenze nelle direzioni di sguardo”, di fronte a compiti spaziali e verbali posti da un interlocutore in assenza di stimoli esterni e in merito ad abilità ed interessi intellettuali di natura scientifica e umanistica propri del soggetto. Si è constatato che la dominanza di un emisfero piuttosto che dell’altro in compiti verbali o spaziali è rivelata dai movimenti degli occhi a destra o a sinistra, rispettivamente, a condizione che non vi siano fattori esterni che influenzino lo sguardo (Gur & Gur, 1977);

Inoltre, muovendo la fissazione a sinistra si attiva l’analisi delle strategie nell’emisfero destro, muovendola a destra, quella dell’emisfero sinistro (Gross et al., 1978).

Una seconda forma di lateralizzazione è data da “preferenze nella relazione tra campo visivo e mano”. Per quanto riguarda la presa bimanuale di un singolo oggetto Le & Neimer (2013 a,b) hanno rilevato che vi è una preferenza nel campo visivo sinistro e Le et al. (2014) hanno verificato che è l’emisfero destro ad averne il controllo senso-motorio.

Sempre Le & Neimer (2014) hanno studiato il campo visivo in relazione alla presa monomanuale rilevando un vantaggio dell’emisfero sinistro nell’analisi visiva degli oggetti in entrambi i campi visivi, forse per permettere una miglior flessibilità di azione alla mano dominante destra (in tale esperimento) attraverso tutto il campo visivo.

Si è visto, inoltre, che esiste una “preferenza tra campi visivi” per quanto concerne il riconoscimento di parole stampate (Bub & Lewine, 1988; Finkbeiner et al, 2006; Hunter & Brysbaert, 2008) e di strumenti (Gercea et al., 2012; Verma & Brysbaert, 2011; Handy et al., 2003), attribuibile al campo visivo destro e quindi all’emisfero sinistro.

Infine, strettamente connesso con la pratica optometrica, deve essere considerato quello che definiamo “occhio dominante”.

La rappresentazione (e spiegazione) a livello cerebrale di questa dominanza sembrerebbe essere data dall’attivazione di un’area più grande, a livello della corteccia, da parte dell’occhio definito appunto dominante, provata da Rombouts et al. (nel 1996).

Oggi si sa che le immagini catturate da quest’occhio appaiono più grandi (Porac & Coren, 1976), sono più chiare e con i colori più saturi (Pascal, 1926; Porac & Coren, 1981; Coren & Porac, 1979), le post-immagini tendono a sbiadire molto più lentamente (Wade, 1975) e la posizione assunta è in allineamento con il punto di fissazione.

La “dominanza” di un occhio si può manifestare sotto forma di dominanza motoria e di dominanza sensoriale.

Non è detto che queste preferenze debbano coincidere sullo stesso occhio. Alcuni autori sostengono che la dominanza oculare possa essere una caratteristica transitoria dipendente dalle condizioni visive (Johansson et al., 2015) e che vi sono diversi gradi di dominanza (Valle-Inclàn et al., 2008).

L’occhio con dominanza motoria, altrimenti detto occhio direttore o preferenziale, è a prevalente visione maculare; in genere è in corrispondenza con la lateralità corticale del soggetto ed è deputato alla sintesi degli elementi fotonici, quali intensità e lunghezza d’onda (colore); le informazioni arrivano alla scissura calcarina (faccia interna del  lobo occipitale) per le successive operazioni di elaborazione (giudizio, paragone, interpretazione e memorizzazione).

L’occhio con dominanza sensoriale, altrimenti detto di guardia o stereognosico, è a prevalente visione retinica periferica; è deputato alla sintesi degli elementi relativi alla percezione, alla localizzazione e al controllo dello spazio e del movimento. Soltanto le fibre nasali decussano, mentre quelle temporali rimangono omolaterali: le afferenze raggiungono prima il pulvinar (area associativa talamica) e successivamente le aree corticali 18 e 19 di Brodmann (aree visuo-gnosiche para-striate). Questa organizzazione concede all’informazione la tridimensionalità necessaria a collocare il soggetto nello spazio e ad avvisarlo sulle trasformazioni ambientali.

Il processo risultante permette di percepire gli oggetti, discriminarli, localizzarli spazialmente, apprezzarli nella loro tridimensionalità, seguirli nel movimento (sia del soggetto che dell’oggetto), decidere il livello di interesse e centrare l’attenzione: il fine è la decodifica semantica necessaria alla conoscenza, alla motivazione, alla finalità e alla coscienza. Shneor & Hochsien (2006) hanno visto che l’occhio dominante è anche quello più performante in termini di identificazione dell’oggetto (e quindi nell’elaborazione percettiva che nasce da differenti salienze dell’oggetto).

Normalmente, all’occhio con dominanza motoria si attribuisce la visione per lontano (compiti locomotori guidati visivamente, Schor et al., 1987) e all’occhio con dominanza motoria la visione per vicino.

Il requisito per una stabilità di fissazione binoculare è una buon controllo motorio, vale a dire una perfetta sincronia nel movimento fra i due occhi.

Nella visione da vicino, come nella lettura di un testo, i movimenti di convergenza sono quelli che consentono a ciascun occhio di mantenere la fissazione su una lettera o una sillaba. In questi casi è necessario che la cooperazione binoculare sia rigorosa in modo che sulla fovea di ciascun occhio si localizzi il medesimo carattere. Per ovviare alla possibilità di una interferenza tra l’immagine proiettata sulla fovea di un occhio e quella proiettata sulla fovea dell’altro occhio, il sistema visivo avrebbe assegnato ad uno dei due occhi il compito di dirigere l’altro, decretandolo occhio dominante (dominanza motoria). Durante la lettura, la presenza di una buona dominanza oculare motoria consentirebbe così di minimizzare le differenze nella posizione dei due assi visivi in convergenza, preservando di fatto la processazione dello stimolo durante la fissazione, ed anche una lieve instabilità motoria non sembrerebbe di fatto così determinante in quanto, il sistema visivo, appare tollerante alla fisiologica variazione dell’angolo di convergenza.

Il compenso percettivo della variazione dell’angolo di convergenza durante la fissazione è appannaggio, invece, della dominanza sensoriale, (allorquando alle due retine dovessero giungere stimoli diversi), la cui instabilità sarebbe causa dei sintomi visivi dei dislessici.

 

 

Devid del Mauro

Optometrista – Roma

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